Tempo di festival istruzioni per l’uso (e una evoluzione)
Rodolfo di Giammarco, «La Repubblica».
Ora che la scena italiana dello spettacolo dal vivo si rimette in moto dal 15 giugno, ci sarà una veloce rimodulazione degli appuntamenti estivi, delle manifestazioni legate spesso più al territorio che alle strutture canoniche del teatro, e allora c’è un volume sulla rimeditata identità degli eventi culturali performativi, uno strumento di consultazione, di riflessione, di confronto in materia di dinamiche organizzative e creative. Questo manuale s’intitola La funzione culturale dei festival, ne sono curatori Edoardo Donatini e Gerardo Guccini, e la materia prima, risalente a un seminario tenutosi al Teatro Metastasio di Prato, è alimentata da studiosi, critici e operatori che hanno radiografato le dinamiche delle progettazioni, le storie intellettuali e attitudinali dei festival, le interlocutorietà fra il sistema paese e le narrazioni che lo riflettono o lo criticano. Sergio Ariotti, che dirige il Festival delle Colline Torinesi, raccomanda di riconoscere le distinzioni che ci sono tra le politiche istituzionali e le matrici più concentrate su una netta geografia di radici, su una fascia generazionale giovane, su un’intesa con una contemporaneità internazionale fuori dai linguaggi globali. Come compendia Edoardo Donatini, questa ricerca di una definizione di concetto di festival non porta a un mosaico di realtà ma a una nuova lettura del presente ad opera di una comunità. Importanti sono il cenno di Gerardo Guccini sull’apparizione nel 1997 del Festival della Letteratura di Mantova, il dato controculturale richiamato da Roberta Ferraresi e Graziano Graziani, l’esame degli ‘obblighi’ avanzato da Luca Ricci e Rodolfo Sacchettini, il potere dei festival secondo Roberto Canziani, la trasversalità toccata da Fabio Masi e Fabio Acca, il focus di Massimo Marino e Barbara Regondi su Vie, l’interazione per voce di Andrea Nanni e Velia Papa. Una prima tac dei festival.